Un grande sportivo sempre in prima linea per il benessere della sua città natia.
Giovanni Ettore Micheletto (1889 – 1958) nasce a Sacile dove trascorrerà la sua intera vita. Chiamato anche “Nanè” o “Conte di Sacile”, ha iniziato l’attività sportiva all’età di sedici anni con una corsa ciclistica a Conegliano (TV) durante la quale ha dimostrato di avere del talento che lo ha portato, tre anni dopo, ad intraprendere la carriera agonistica.
La prima vittoria è avvenuta nel 1909 con la partecipazione al Giro del Veneto, tenutosi pochi mesi dopo la prima edizione del Giro d’Italia a cui ha partecipato ritirandosi, però, alla quarta tappa. Nei due anni successivi Giovanni è uscito vittorioso nel Giro di Lombardia, in quello della provincia di Mantova e della Romagna.
Nel 1912 riesce nell’impresa di completare tutte le tappe e di vincere il Giro d’Italia e proprio questo trionfo gli ha permesso di partire per partecipare al tanto desiderato Tour de France e ad altre competizioni. Nel 1913 ottiene due prestigiosi successi vincendo la Parigi-Menin e la prima tappa del Tour de France: il nome di Micheletto è ormai popolare tanto in Italia quanto in Francia, ma la Prima Guerra Mondiale è alle porte e con essa la chiamata alle armi. Al termine del periodo bellico, a soli 24 anni, egli abbandona definitivamente l’attività agonistica per dedicarsi agli affari di famiglia a tempo pieno. Oltre alla produzione ed al commercio di vini, avvia anche una proficua attività di produzione di liquori estendendo il mercato all’intero Friuli, Veneto, Lombardia, Emilia e Romagna.
Durante la seconda Guerra Mondiale, nel 1944 insieme ad un gruppo di concittadini dà vita al Comitato di liberazione nazionale, con il compito di coordinare la Resistenza. Tra i suoi collaboratori più stimati c’era il dottor Marco Meneghini che, fedele al giuramento di Ippocrate, presso l’ospedale di Sacile prestava soccorso a tutti coloro che ne avessero bisogno, riservando anche delle camere per il ricovero e la degenza dei partigiani. Scoperta la sua attività clandestina, venne arrestato dalle milizie tedesche, torturato e poi fucilato. Questo episodio allarmò Micheletto che decise di mettere in salvo sia la sua famiglia che quella dei Meneghini: i primi a Venezia, gli altri nel padovano, mentre lui rientrava a Sacile in tempo utile per partecipare alla liberazione.
Micheletto è stato “campione” anche nel sociale. Nel secondo dopoguerra ha rivestito un ruolo di primo piano nella vita politica locale come presidente dell’Ospedale di Sacile al quale ha dato una nuova vita tra il 1946 ed il 1958, anno in cui è morto.
In anni recenti, sotto la spinta di Antonio Lot e di Civiltà Altolivenza che gli hanno dedicato il museo del ciclismo con sede a Portobuffolè, il suo nome è tornato a splendere e ne è testimonianza il palazzetto dello sport di via Cartiera Vecchia, che porta il suo nome. Inoltre, all’interno del presidio ospedaliero di Sacile vi è una lapide posta l’anno dopo la sua morte per ricordare i numerosi interventi compiuti.