Originariamente residenza signorile appartenuta alle famiglie Ettoreo e Vando, Palazzo Ettoreo si staglia imponente a sorvegliare il Livenza in uno dei più suggestivi scorci di Sacile e racconta gli oltre cinque secoli di vita cittadina.
Situato all’angolo tra via Pelizza e Campo Marzio, il palazzo fu innalzato nella prima metà del XVI secolo su una precedente struttura in stile gotico dalla famiglia nobile Ettoreo. Posto in quello che allora era Borgo Fratta, si presenta con aspetto imponente, in stile cinquecentesco con vaghe reminiscenze lagunari.
In origine il palazzo doveva apparire particolarmente ricco, con ampi saloni decorati da dipinti murali e loggia esterna. Con la sua struttura a portico e con le due botteghe al piano terreno, prendeva parte al ruolo economico-commerciale assunto dalla piazza che lo ospitava.
Questa nobile dimora conserva ancora l’aspetto classico ed elegantemente sobrio tipico dell’architettura veneziana rinascimentale; ha pianta trapezoidale, un imponente scalone in pietra che porta al salone nobile, una bella quadrifora in pietra d’Istria che poggia su un ampio porticato con archi a tutto sesto ed una suggestiva finestra d’angolo che regala una inconsueta panoramica sul Livenza.
Dei numerosi affreschi restano oggi alcune labili tracce sulle facciate, dove si possono individuare tre putti alati, che probabilmente andavano a completare una decorazione complessa con soggetti storici o mitologici ed un lacerto in una cornice rotondeggiante sotto il porticato: una Madonna con bambino databile ai primi del Settecento, un dipinto a carattere devozionale frutto di maestranze locali. Il bel portico si estende sui due prospetti esterni: tre eleganti arcate a tutto sesto poggianti su colonne ottagonali in pietra bianca e soffitto con travi a vista danno su via Pelizza, mentre verso Campo Marzio si sviluppa una linea di sei archi impostati su pilastri in mattoni a base rettangolare che racchiudono le originarie colonne in parte visibili e che sorreggono una deliziosa loggetta cinquecentesca. Da notare sul pilastro angolare, due bassorilievi riproducenti due animali fantastici alati, un grifone ed un drago, mentre la colonna centrale porta ancora scolpito lo stemma della famiglia Ettoreo.
Il palazzo, ora proprietà comunale, ospitò per oltre un secolo la locanda del “Leon d’oro”: fu qui che Silvio Pellico pernottò il 25 marzo del 1822, durante il suo trasferimento allo Spielberg.